mercoledì 9 agosto 2017

Conosciamo i finalisti : Maria Gabriella Licata

Se ricordate, l'anno scorso abbiamo avuto una finale tutta al femminile...ma anche quest'anno le donne non scherzano!

Procediamo quindi con la carrellata dei finalisti, oggi è il turno di Maria Gabriella Licata.


Nata ad Agrigento, dopo il liceo classico si è laureata  in Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo e in Lettere presso l’Università di Bologna.
Nel 1981 si è trasferita a Milano, la città in cui vive, dove ha frequentato la scuola del Piccolo Teatro di G. Strehler (ora Paolo Grassi) come “assistente alla regia”.  Si è dedicata al teatro per alcuni anni e, successivamente, all’insegnamento, attività che svolge tutt’ora.
È autrice soprattutto di racconti brevi e poesie, risultati vincitori in numerosi premi letterari e inclusi in antologie collettive (Premio letterario Moak, Premio Stefano Marello, Premio C.Ulcigrai, Giallo milanese, Premio Malerba, Premio Casinò Municipale di Sanremo, Premio mostra del Tigullio e altri). Con  il romanzo “La bella signora Scimè” ha vinto il Premio Morselli 2015 per il romanzo inedito.



Anche lei ha risposto alle nostre domande:


1       Cosa significa, per te, scrivere?

Scrivere, per me, è aprire una porta su un mondo di vite, di sentimenti, di emozioni che sento dentro e che vuole trovare espressione. Sono situazioni che vedo intorno, sentimenti ed emozioni che immagino o che percepisco nell’aria,  che osservo agitarsi negli altri. Io cerco di dare loro una voce.

       In che modo hai affrontato il tema dell’indifferenza?

Non tutti siamo -per nostra natura- indifferenti, ma tutti corriamo il rischio di essere o di diventare tali.
Indifferenti alle ingiustizie, alle ruberie, ai favoritismi, ai bisogni degli altri, alle loro sofferenze. Indifferenti alla Verità. E non occorre guardare lontano, basta fermarsi sulle realtà più vicine:  il nostro ufficio, il palazzo, la metropolitana, la famiglia. 
Con il mio racconto ho cercato di fotografare un meccanismo. Come lo slancio primario dell’attenzione e della compassione verso gl
i altri, venga fagocitato -nella mente e nel cuore- dall’abitudine, dalla pigrizia, dall’amore di sé. Sino ad anestetizzare e deviare la nostra consapevolezza per mantenere inalterato lo status quo.

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